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 COME TUTELARSI IN CASO DI LUNGHE LISTE D'ATTESA O LISTE BLOCCATE

Importante

"Nel caso in cui la struttura sanitaria a cui si rivolge il cittadino non avesse disponibilità ad erogare la prestazione di primo accesso entro i tempi previsti dalla priorità indicata in ricetta, è possibile rivolgersi al Responsabile Unico Aziendale per i tempi d'attesa che, in collaborazione con il referente del CUP aziendale, si occuperà della richiesta attivando alcune possibili soluzioni.
La struttura sanitaria a cui si è rivolto il cittadino, sia essa pubblica o privata accreditata, si attiverà per individuare altre strutture, pubbliche o private accreditate del territorio di assistenza del cittadino, in grado di offrire la prestazione entro i tempi indicati.
Attenzione: se la proposta fatta dalla struttura viene rifiutata dal cittadino, ad esempio per preferenze personali o motivi logistici, si perde il diritto al mantenimento della classe di priorità. 
Qualora le azioni sopra descritte non abbiano consentito la prenotazione della prestazione neitempi previsti, la struttura sanitaria a cui si è rivolto il cittadino, su istanza del medesimo, dovrà erogare la prestazione in regime di libera professione con oneri a proprio carico, chiedendo al cittadino di riconoscere il solo valore del ticket, se dovuto. Qualora il cittadino ricorresse autonomamente e volontariamente alla prenotazione in regime privato o libero professionale (intramoenia), lo stesso non può esercitare alcun diritto ad esigere il rimborso della spesa sostenuta agli enti del Sistema Sanitario Regionale. "


(Regione Lombardia DELIBERAZIONE N°   XII /  2853 Seduta del  29/07/2024)


E' noto che, spesso, i cittadini che hanno necessità di sottoporsi ad esami di laboratorio, a esami di diagnostica strumentale o a interventi chirurgici non urgenti, sono costretti a ricorrere a strutture private, con notevole aggravio di costi.

In realtà, con il D.lgs 124/1998 lo Stato ha fissato dei principi da seguire per la gestione delle liste d'attesa da parte delle regioni. Prima di tutto esse devono stabilire i criteri secondo i quali i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere determinano il tempo massimo che può intercorrere tra la richiesta di una prestazione e la sua erogazione. In secondo luogo devono "assicurare all'assistito la effettiva possibilità di vedersi garantita l'erogazione delle prestazioni nell'ambito delle strutture pubbliche attraverso interventi di razionalizzazione della domanda, nonché interventi tesi ad aumentare i tempi di effettivo utilizzo delle apparecchiature e delle strutture, ad incrementare la capacità di offerta delle aziende eventualmente attraverso il ricorso all'attività libero-professionale intramuraria, ovvero a forme di remunerazione legate al risultato, anche ad integrazione di quanto già previsto dai vigenti accordi nazionali di lavoro, nonché a garantire l'effettiva corresponsabilizzazione di sanitari dipendenti e convenzionati".

A ciò consegue che la prestazione sanitaria non erogata entro determinati termini dà diritto a ricorrere a prestazioni libero-professionali chiedendo il rimborso delle spese sostenute all'Azienda Sanitaria e il cittadino dovrà accollarsi il solo il costo del ticket (in tal senso si è espresso il Tribunale di Lecce con la sentenza 5448/2015).

Se, quindi, l'utente dovesse scontrarsi con una lista d'attesa bloccata o con tempistiche eccessivamente lunghe, dovrà inviare una richiesta per usufruire della prestazione in regime di attività libero-professionale allegando la richiesta di prenotazione e il riscontro del CUP. In difetto di riscontro, potrà procedere alla prenotazione e chiedere successivamente il rimborso delle spese sostenute.

La nostra associazione resta a disposizione per aiutare gli utenti nella compilazione delle istanze.


Tempi di attesa delle prestazioni sanitarie - Regione Lombardia

Per un'efficace gestione della sempre più ampia richiesta di cure il Sistema Sanitario Nazionale ha adottato un sistema basato sulle priorità cliniche che, indicate dal medico prescrittore in ricetta, consentono di garantire l'assistenza sanitaria in considerazione dell'urgenza.

Regione Lombardia con il Piano Regionale per il Governo delle Liste di Attesa (PRGLA) ha inoltre indicato tempi massimi di attesa per il primo accesso a 75 prestazioni sanitarie ambulatoriali e di ricovero fra le più critiche.

Classi di priorità
Il Medico prescrittore, in base alla valutazione clinica, deve fornire l'indicazione di priorità, riportando su ciascuna impegnativa un apposito codice che individua il tempo massimo per l'erogazione della prestazione.

Le Classi di Priorità per le prestazioni di specialistica ambulatoriale sono codificate come segue:

  • U = urgente – da erogare nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore;
    • L'apposizione in ricetta della priorità "U" chiama alla responsabilità tutti gli attori coinvolti: il medico prescrittore, il cittadino utente e la struttura erogatrice in quanto:
      • il medico prescrittore valuta con coscienza clinica l'urgenza della prestazione e la segnala tramite indicazione in ricetta della Classe di Priorità "U";
      • il cittadino utente si impegna a presentare la prescrizione per la prenotazione entro le 48 ore successive al rilascio della ricetta, accettando - salvo casi eccezionali e con motivazioni documentabili – di fruire della prestazione nella struttura dove la stessa è disponibile;
      • la struttura erogatrice si impegna ad effettuare la prestazione urgente entro le 72 ore successive alla presentazione dell'impegnativa o, in caso di impossibilità a rispettare il termine, si impegna ad attivare il proprio "Responsabile Unico per i tempi di attesa" per individuare altra diversa struttura in grado di erogare la prestazione nel tempo stabilito.
  • B = breve - entro 10 gg;
  • D = differibile - da erogare entro 30 gg per le visite ed entro 60 gg per le prestazioni strumentali;
  • P = programmabile - da erogare entro 120 giorni.

Il tempo previsto dalla classe di priorità decorre a partire dal momento in cui l'utente richiede la prestazione.

Prestazioni in regime di ricovero
Esistono diverse tipologie di ricovero distinte a seconda delle caratteristiche che lo stesso assume:

  • Urgenza Emergenza (tramite accesso al Pronto Soccorso);
  • Programmato.

Il ricovero programmato è motivato da apposita richiesta del Medico curante, anch'essa provvista di indicazioni circa la priorità di accesso clinicamente adeguata:

  • CLASSE A- Ricovero da effettuarsi entro 30 giorni
    (Trova indicazione nei casi clinici che possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti o da determinare grave pregiudizio alla prognosi)
  • CLASSE B - Ricovero da effettuarsi entro 60 giorni
    (Trova indicazione nei casi clinici che presentano intenso dolore, gravi disfunzioni o grave disabilità ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi rapidamente al punto di diventare emergenti né possono, per l'attesa, ricevere grave pregiudizio alla prognosi)
  • CLASSE C - Ricovero da effettuarsi entro 180 giorni
    (Trova indicazione nei casi clinici che presentano minimo dolore, disfunzione o disabilità ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi né possono, per l'attesa, ricevere grave pregiudizio alla prognosi)
  • CLASSE D - Ricovero senza attesa massima definita
    (Trova indicazione nei casi clinici che non causano alcun dolore, disfunzione o disabilità. Questi casi devono comunque essere effettuati almeno entro i 12 mesi)

L'impegnativa del medico
Il medico è il professionista che stabilisce, attraverso la compilazione dell'impegnativa (ricetta dematerializzata o ricetta rossa), quale sia la priorità d'accesso per il proprio paziente.

La ricetta medica del Servizio Sanitario Nazionale è un documento rilasciato da un medico dipendente del SSN o convenzionato con esso.
E' utilizzata per la richiesta di prestazioni specialistiche o diagnostiche sia in strutture pubbliche che private accreditate a contratto.

Durata dell'impegnativa
Attenzione! Per dare attuazione al nuovo Nomenclatore della specialistica ambulatoriale, previsto dal DPCM del 12 gennaio 2017 e attivo a partire dal 1° gennaio 2024, si è resa necessaria una revisione dei sistemi di prenotazione e prescrizione. Per agevolare la transizione al nuovo sistema la DGR n. XII/957 del 18 settembre 2023 ha stabilito che a partire dal 1° ottobre 2023 la validità delle ricette prescritte per visite ed esami sarà temporaneamente pari a 180 giorni. Pertanto, in questa fase transitoria, il cittadino dovrà procedere con la prenotazione della prestazione sanitaria in un tempo massimo di sei mesi dalla prescrizione, anziché di un anno.

Primo accesso e controlli (follow up)
La prima visita, o il primo esame è il momento in cui il problema manifestato dal paziente viene valutato clinicamente per la prima volta. In questa fase viene formulato un preciso quadro diagnostico. L'impegnativa medica è rilasciata dal Medico curante.

Sono considerati primi accessi anche quelli relativi a pazienti noti, affetti da malattie croniche (ad esempio diabete, ipertensione…) che presentano una fase di riacutizzazione o l'insorgenza di un nuovo problema, anche non correlato alla patologia cronica, ma tale da rendere necessaria una rivalutazione complessiva della terapia.

Per visita o esami di controllo (follow up) si intende il momento dell'accertamento diagnostico successivo ad un primo accesso (sia visita, sia esame). In questa fase al paziente è già stata impostata una terapia e le prestazioni erogate sono finalizzate, ad esempio, a seguire l'evoluzione di patologie croniche, valutare a distanza l'eventuale insorgenza di complicanze, verificare la stabilizzazione della patologia o il mantenimento del buon esito dell'intervento, indipendentemente dal tempo trascorso rispetto al primo accesso. Le prescrizioni per visite o esami di controllo di solito, vengono prescritte dal medico specialista che ha preso in carico il paziente.

Percorso di tutela

Percorso di tutela prestazioni di specialistica ambulatoriale di primo accesso
Nel caso in cui la struttura sanitaria a cui si rivolge il cittadino non avesse disponibilità ad erogare la prestazione di primo accesso entro i tempi previsti dalla priorità indicata in ricetta, è possibile rivolgersi al Responsabile Unico Aziendale per i tempi d'attesa che, in collaborazione con il referente del CUP aziendale, si occuperà della richiesta attivando alcune possibili soluzioni.
La struttura sanitaria a cui si è rivolto il cittadino, sia essa pubblica o privata accreditata, si attiverà per individuare altre strutture, pubbliche o private accreditate del territorio di assistenza del cittadino, in grado di offrire la prestazione entro i tempi indicati.
Attenzione: se la proposta fatta dalla struttura viene rifiutata dal cittadino, ad esempio per preferenze personali o motivi logistici, si perde il diritto al mantenimento della classe di priorità.

Qualora sul territorio dell'ATS di riferimento non fossero presenti le disponibilità richieste, la struttura sanitaria a cui inizialmente si è rivolto il cittadino, è tenuta ad inserire il cittadino in una lista d'attesa dedicata, in modo tale da programmare l'appuntamento entro i tempi previsti dalla classe di priorità indicata nella prescrizione. In seguito, il cittadino verrà contattato per concordare l'appuntamento e, in questo caso, l'erogazione della prestazione nella stessa struttura o in una struttura del territorio dell'ATS di riferimento sarà garantita.

Se tutte le azioni sopra descritte non avranno consentito l'erogazione della prestazione nei tempi previsti dalla classe di priorità indicata sulla prescrizione, la struttura sanitaria a cui inizialmente si è rivolto il cittadino dovrà erogare la prestazione in regime di libera professione, con costi a carico della struttura stessa, chiedendo al cittadino di riconoscere il solo valore del ticket, se dovuto.
Attenzione: nel caso in cui il cittadino dovesse ricorrere autonomamente e volontariamente alla prenotazione in regime privato o libero professionale, non potrà esigere in alcun modo il rimborso della spesa sostenuta agli Enti del Sistema Sanitario Regionale.

Per conoscere i tempi di attesa delle strutture che erogano prestazioni sanitarie in Lombardia è possibile consultare i siti internet (alla voce tempi di attesa) delle Agenzie di Tutela della Salute (ATS) a cui le strutture afferiscono:

  • ATS DI BERGAMO
  • ATS DI BRESCIA
  • ATS DELLA BRIANZA
  • ATS DELLA CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO
  • ATS DELL'INSUBRIA
  • ATS DELLA MONTAGNA
  • ATS DI PAVIA
  • ATS DELLA VAL PADANA

E' possibile verificare le prime disponibilità a prenotare presso tutte le strutture – pubbliche e private - del Sistema Sanitario lombardo attraverso il minisito Prenotasalute

Per prenotare esami e visite specialistiche e per informazioni su prestazioni e strutture sanitarie è inoltre disponibile il numero verde 800 638 638, attivo dal lunedì al sabato dalle 8.00 alle 20.00, esclusi i festivi. Il numero verde è gratuito da rete fissa, mentre da rete mobile e dall'estero è possibile contattare il numero 02 999 599 (a pagamento al costo previsto dal proprio piano tariffario).


RESPONSABILITÀ DELL'ASL PER IL FATTO ILLECITO COMMESSO DAL MEDICO GENERICO

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III, 27/03/2015 N. 6243

La vicenda in esame veniva promossa al fine di accertare la responsabilità del medico di famiglia che, chiamato fin dal primo mattino con urgenza per i sintomi di ischemia cerebrale presentati dal B., interveniva solo nel tardo pomeriggio, così causando la paralisi della parte sinistra del corpo del paziente. Gli attori chiedevano quindi il risarcimento del danno subito sia al medico intervenuto che all'ASL (ATS), in solido tra loro.

La Corte di Cassazione, attraverso un'approfondita analisi delle normative succedutesi nel tempo, con un'interessante pronuncia giunge ad affermare la responsabilità dell'ASL (ATS)ex art. 1228 cod. civ. L'assistenza medico-generica, infatti, è "prestazione curativa che l'utente del S.S.N. ha diritto di ricevere secondo il livello stabilito dal piano sanitario nazionale (…) e, in questi termini, la ASL ha l'obbligo di erogare".

Tale obbligazione ex lege viene adempiuta attraverso l'opera del medico convenzionato, che, in forza del rapporto di convenzionamento, pur non essendo parte del rapporto obbligatorio tra utente e Servizio Sanitario Nazionale, interviene nella fase esecutiva dell'obbligazione e, come tale, è soggetto al controllo dell'ASL (ATS) ove renda una prestazione garantita dal S.S.N. stesso.



Rimborso compenso pagato per mancata fruizione della prestazione in Libera Professione

In caso di prestazioni di specialistica ambulatoriale in regime di libera professione non erogate per cause imputabili all'Azienda (es. motivi sanitari oppure motivi organizzativi e/o tecnici) o di disdetta volontaria, si può ricevere, su richiesta, il rimborso del compenso pagato.

Cosa serve

  1. istanza di rimborso tramite compilazione del modulo "Rimborso Libera Professione"
  2. originale della fattura
  3. documentazione/dichiarazione comprovante il diritto al rimborso
  4. originale ricevuta dell'avvenuto pagamento (emesso da macchinetta riscuotitrice e/o modalità previste da PagoPA)
  5. fotocopia del documento d'identità
  6. codice fiscale
  7. codice IBAN del conto corrente sul quale si effettuerà il rimborso;
  8. in caso di conto corrente intestato a terze persone, va allegato un documento d'identità in corso di validità di entrambi i cointestatari.

Normativa di riferimento

  • Codice Civile art. 2237 "Recesso"
  • Dlgs nr. 502/1992 e smi "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della Legge 23 ottobre 1992 nr. 421"
  • L. nr. 724 del 23 dicembre 1994 "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica"
  • DGR nr. 54/2002 "Attività libero professionale intramuraria del personale della Dirigenza sanitaria del SSN. Direttiva alle Aziende"
  • L. nr. 120/2007 e smi "Disposizioni in materia di attività libero professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria"
  • DGR nr. 1131/2013 "Linee Guida Regionali attuative dell'art. 1 comma 4 della Legge nr. 120/2007 come modificato dal D.L. nr. 158 del 13.09.2012"
  • DGR nr. 1673/2014 "Determinazione delle tariffe per prestazioni di assistenza ospedaliera in strutture pubbliche e private accreditate dalla Regione Emilia-Romagna applicabili a decorrere dal 01.01.2014"
  • DPR nr. 633/1972 "Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto"

Modi e tempi di erogazione del rimborso

Tenuto conto dei tempi tecnici della U.O. Bilancio e Flussi Finanziari per l'emissione del mandato di pagamento, il rimborso verrà effettuato entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda mediante accredito sul Conto Corrente bancario indicato.

Dove rivolgersi

Presso gli Sportelli CUP di ambito, nonchè, ove presenti, presso le Accettazione Interne dei principali ospedali.


BIOTESTAMENTO: UNA LEGGE DI CIVILTA' A TUTELA DEL MALATO

Con 180 voti a favore e 71 contrari, il 14 dicembre 2017, la legge sul "Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento" (biotestamento) è finalmente arrivata alla sua conclusione con la definitiva approvazione. La sua relatrice, la deputata alla camera per il Partito Democratico Donata Lenzi, così commenta: "questa legge non toglie nulla in termini di assistenza e di cura, anzi ribadisce il diritto alle cure e alla cure palliative, ma dà a ogni malato il diritto di essere fino all'ultimo "persona" e non solo "paziente" (...) Occorreva una legge perché non si poteva lasciare sola la Magistratura nelle decisioni, né i medici a loro volta soli, davanti al magistrato. Occorreva una legge per promuovere e sostenere il cambiamento culturale richiesto ai medici dalla medicina e dalla società di oggi: valutare l'appropriatezza di una scelta clinica, richiede scienza ma vi rientrano anche le intenzioni e i desideri del paziente".

Ed infatti, l'articolo 1 in materia di consenso informato prevede che "Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale".

E nel sancire il divieto di ostinarsi irragionevolmente nella somministrazione delle cure per i pazienti con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, vengono introdotte le Disposizioni anticipate di trattamento (che dovranno essere redatte per atto pubblico, scrittura privata autenticata o scrittura consegnata personalmente presso l'ufficio dello stato civile del Comune di residenza). L'articolo 4 afferma che "ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.

Torneremo sull'argomento al fine di illustrare più nel dettaglio le modalità operative della Legge. 


IN CASO DI COMPLICANZA IATROGENA, ONERE DELLA PROVA LIBERATORIA A CARICO DEL MEDICO

CORTE DI CASSAZIONE, 16/12/2016 N. 24074

Nel caso in esame, relativo ad una lesione iatrogena della via biliare principale occorsa a seguito di una manovra laparoscopica, la parte ricorrente ha correttamente impugnato la sentenza di appello censurando l'omesso esame in ordine a specifici fatti, discussi tra le parti, ma rimasti irrisolti dalla consulenza tecnica d'ufficio. Infatti, la ricorrente sostiene che l'affermazione del CTU, pedissequamente ripresa dal Giudice di appello nella motivazione, secondo cui non sussiste responsabilità a carico del personale medico operante, trattandosi di "mera complicanza statisticamente rilevata nella letteratura scientifica", non giustifichi la categorizzazione di detta lesione come conseguenza inevitabile del trattamento laparoscopico applicato, anche quando correttamente eseguito.

La Suprema Corte, aderendo alla tesi della ricorrente, enuncia il seguente principio: "in caso di prestazione medico-chirurgica di "routine", spetta al professionista superare la presunzione che le "complicanze" siano state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento. Ne consegue che il giudice, al fine di escludere la responsabilità del medico nella suddetta ipotesi, non può limitarsi a rilevare l'accertata insorgenza di "complicanze operatorie", ma deve, altresì, verificare la loro imprevedibilità ed inevitabilità, nonché l'insussistenza del nesso causale tra la tecnica operatoria prescelta e l'insorgenza delle predette complicanze, unitamente alla adeguatezza delle tecniche scelte dal chirurgo per porvi rimedio". 


Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie: in G.U. il decreto-legge n. 73 del 7 giugno 2024

11 giugno 2024

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie, in corso di conversione al Senato (A.S. 1161).

Il provvedimento prevede:

  • l'istituzione, presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari (AGENAS), della Piattaforma nazionale delle liste di attesa, finalizzata a realizzare l'interoperabilità con le piattaforme delle liste di attesa di ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza con l'obiettivo «Potenziamento del Portale della Trasparenza» previsto dal PNRR;
  • l'istituzione, presso il Ministero della salute, dell'Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria, con il compito di verificare il corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste di attesa, anche sulla base di segnalazioni da parte dei cittadini;
  • l'istituzione di un piano d'azione finalizzato al rafforzamento della capacità di erogazione dei servizi sanitari e all'incremento dell'utilizzo dei servizi sanitari e sociosanitari sul territorio.

Il provvedimento normativo prevede, altresì, il potenziamento del ruolo del Centro unico di prenotazione (CUP) regionale o infra-regionale, estendendo il sistema non solo agli erogatori di servizi sanitari pubblici, ma anche agli enti ospedalieri e ambulatoriali privati in regime di accreditamento con il SSN. Al fine di garantire una migliore gestione dei servizi sanitari, è prevista l'attivazione di un sistema di disdetta delle prenotazioni o di conferma o di cancellazione della prenotazione effettuata, di cui il cittadino può servirsi anche da remoto.

Le visite diagnostiche e specialistiche vengono effettuate anche nei giorni di sabato e domenica e la fascia oraria per l'erogazione di tali prestazioni può essere prolungata.

Per quanto concerne il personale del SSN si prevedono:

  • l'introduzione di un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali, che riduce al 15 per cento il prelievo tributario sugli emolumenti percepiti dal personale sanitario per gli straordinari svolti nell'ambito dei piani di riduzione delle liste d'attesa;
  • il corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale, con il divieto che l'attività libero-professionale possa comportare per ciascun dipendente un volume di prestazione superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali.

LISTE DI ATTESA PER PRESTAZIONI SANITARIE: IL PIANO NAZIONALE DI GOVERNO 2019-2021

Il tempo entro cui eseguire una prestazione dipende dal grado di urgenza che le è stato attribuito.

Il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021 rimarca l'obbligo di indicare chiaramente su tutte le prescrizioni il quesito diagnostico e, per le prestazioni in primo accesso, la classe di priorità.

Il quesito diagnostico descrive il problema di salute che motiva la richiesta da parte del medico di effettuare la prestazione.

La classe di priorità definisce i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie.

Di seguito riportiamo le classi di priorità previste dal Piano Nazionale delle Liste di Attesa PNGLA 2019-2021

Per le prestazioni di specialistica ambulatoriale sono:

Per le prestazioni di ricovero le classi di priorità sono:

Al momento della prenotazione verrà indicata la prima data utile. Qualora il cittadino rifiuti la prima proposta, esce dall'ambito di garanzia del rispetto dei tempi di attesa previsto dalla classe di priorità assegnata.

E' importante sapere che se il cittadino vuole procedere con una prenotazione presso una struttura sanitaria specifica, i tempi di attesa potrebbero essere più lunghi di quelli previsti, in quanto il SSN deve garantire i tempi indicati nella prima Struttura disponibile.

Il blocco delle liste di attesa (o le c.d. agende chiuse) è VIETATO dalla Legge. Qualora il cittadino si trovi di fronte a tale ipotesi, suggeriamo di inviare un formale reclamo all'Azienda Sanitaria coinvolta, all'Assessorato alla Sanità della Regione (che deve vigilare sul punto) e per conoscenza alla nostra Organizzazione di Volontariato.

Al momento dell'inserimento in lista di attesa, devono essere comunicate al cittadino informazioni sul suo ricovero, sulla Classe di priorità e i relativi tempi massimi d'attesa, oltre alle indicazioni organizzative previste. Ciascun paziente può richiedere di prendere visione della sua posizione nella lista di attesa per il ricovero facendone opportuna richiesta alla Direzione Sanitaria o Direzione Medica Ospedaliera.

L'Associazione è disponibile a fornire supporto sul tema.




CARTELLA CLINICA: LA PRIMA COPIA RICHIESTA DAL PAZIENTE DEVE ESSERE CONCESSA GRATUITAMENTE.

La Corte di Giustizia Europea (EU:2023:811, C-307/22 del 26/10/2023) ha deciso che il paziente, il quale chiede il rilascio della cartella clinica ad un medico o ad un ente ospedaliero, non debba sostenere alcuna spesa, con riferimento a una controversia sorta in Germania.

CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA PRIMA SEZIONE SENTENZA 26 OTTOBRE 2023

Corte di giustizia dell'Unione Europea
Prima Sezione
Sentenza 26 ottobre 2023

«Rinvio pregiudiziale - Trattamento dei dati personali - Regolamento (UE) 2016/679 - Articoli 12, 15 e 23 - Diritto di accesso dell'interessato ai suoi dati oggetto di trattamento - Diritto di ottenere gratuitamente una prima copia di tali dati - Trattamento di dati di un paziente da parte del suo medico - Cartella medica - Motivi della richiesta di accesso - Utilizzo dei dati al fine di far valere la responsabilità del professionista sanitario - Nozione di "copia"».

Nella causa C-307/22, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), con decisione del 29 marzo 2022, pervenuta in cancelleria il 10 maggio 2022, nel procedimento FT contro DW.

[...]

1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 12, paragrafo 5, dell'articolo 15, paragrafo 3, e dell'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1, in prosieguo: il «RGPD»).

2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra FT e DW, in merito al rifiuto di FT, medico dentista, di trasmettere al suo paziente una prima copia della sua cartella medica a titolo gratuito.

Contesto normativo

Diritto dell'Unione

3. Ai sensi del considerando 4 del RGPD:

«(...) Il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. Il presente regolamento rispetta tutti i diritti fondamentali e osserva le libertà e i principi riconosciuti dalla [Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea], sanciti dai trattati, in particolare (...) la libertà d'impresa (...)».

4. I considerando 10 e 11 del RGPD così recitano:

«(10) Al fine di assicurare un livello coerente ed elevato di protezione delle persone fisiche e rimuovere gli ostacoli alla circolazione dei dati personali all'interno dell'Unione [europea], il livello di protezione dei diritti e delle libertà delle persone fisiche con riguardo al trattamento di tali dati dovrebbe essere equivalente in tutti al trattamento di tali dati dovrebbe essere equivalente in tutti gli Stati membri. (...)

(11) Un'efficace protezione dei dati personali in tutta l'Unione presuppone il rafforzamento e la disciplina dettagliata dei diritti degli interessati e degli obblighi di coloro che effettuano e determinano il trattamento dei dati personali, (...)».

5. In forza del considerando 13 del RGPD:

«(...) [L]e istituzioni e gli organi dell'Unione e gli Stati membri e le loro autorità di controllo sono invitati a considerare le esigenze specifiche delle micro, piccole e medie imprese nell'applicare il presente regolamento. (...)».

6. Il considerando 58 del RGPD precisa quanto segue:

«Il principio della trasparenza impone che le informazioni destinate al pubblico o all'interessato siano concise, facilmente accessibili e di facile comprensione e che sia usato un linguaggio semplice e chiaro, oltre che, se del caso, una visualizzazione. Tali informazioni potrebbero essere fornite in formato elettronico, ad esempio, se destinate al pubblico, attraverso un sito web. Ciò è particolarmente utile in situazioni in cui la molteplicità degli operatori coinvolti e la complessità tecnologica dell'operazione fanno sì che sia difficile per l'interessato comprendere se, da chi e per quali finalità sono raccolti dati personali che lo riguardano, quali la pubblicità online. Dato che i minori meritano una protezione specifica, quando il trattamento dati li riguarda, qualsiasi informazione e comunicazione dovrebbe utilizzare un linguaggio semplice e chiaro che un minore possa capire facilmente».

7. Come prevede il considerando 59 del RGPD:

«È opportuno prevedere modalità volte ad agevolare l'esercizio, da parte dell'interessato, dei diritti di cui al presente regolamento, compresi i meccanismi per richiedere e, se del caso, ottenere gratuitamente, in particolare l'accesso ai dati, la loro rettifica e cancellazione e per esercitare il diritto di opposizione (...)».

8. Il considerando 63 del RGPD è così formulato:

«Un interessato dovrebbe avere il diritto di accedere ai dati personali raccolti che l[o] riguardano e di esercitare tale diritto facilmente e a intervalli ragionevoli, per essere consapevole del trattamento e verificarne la liceità. Ciò include il diritto di accedere ai dati relativi alla salute, ad esempio le cartelle mediche contenenti informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati (...)».

9. L'articolo 4 del RGPD prevede quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento s'intende per:

1) "dato personale": qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile ("interessato"); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale;

2) "trattamento": qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l'ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l'adattamento o la modifica, l'estrazione, la consultazione, l'uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l'interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione;

(...)».

10. L'articolo 12 del RGPD così dispone:

«1. Il titolare del trattamento adotta misure appropriate per fornire all'interessato tutte le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 e le comunicazioni di cui agli articoli da 15 a 22 e all'articolo 34 relative al trattamento in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro, in particolare nel caso di informazioni destinate specificamente ai minori. Le informazioni sono fornite per iscritto o con altri mezzi, anche, se del caso, con mezzi elettronici. Se richiesto dall'interessato, le informazioni possono essere fornite oralmente, purché sia comprovata con altri mezzi l'identità dell'interessato.

2. Il titolare del trattamento agevola l'esercizio dei diritti dell'interessato ai sensi degli articoli da 15 a 22. (...)

(...)

5. Le informazioni fornite ai sensi degli articoli 13 e 14 ed eventuali comunicazioni e azioni intraprese ai sensi degli articoli da 15 a 22 e dell'articolo 34 sono gratuite. Se le richieste dell'interessato sono manifestamente infondate o eccessive, in particolare per il loro carattere ripetitivo, il titolare del trattamento può:

a) addebitare un contributo spese ragionevole tenendo conto dei costi amministrativi sostenuti per fornire le informazioni o la comunicazione o intraprendere l'azione richiesta; oppure

b) rifiutare di soddisfare la richiesta.

Incombe al titolare del trattamento l'onere di dimostrare il carattere manifestamente infondato o eccessivo della richiesta.

(...)».

11. L'articolo 15 del RGPD così dispone:

«1. L'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e in tal caso, di ottenere l'accesso ai dati personali e alle seguenti informazioni:

a) le finalità del trattamento,

b) le categorie di dati personali in questione;

c) i destinatari o le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati, in particolare se destinatari di paesi terzi o organizzazioni internazionali;

d) quando possibile, il periodo di conservazione dei dati personali previsto oppure, se non è possibile, i criteri utilizzati per determinare tale periodo;

e) l'esistenza del diritto dell'interessato di chiedere al titolare del trattamento la rettifica o la cancellazione dei dati personali o la limitazione del trattamento dei dati personali che lo riguardano o di opporsi al loro trattamento;

f) il diritto di proporre reclamo a un'autorità di controllo;

g) qualora i dati non siano raccolti presso l'interessato, tutte le informazioni disponibili sulla loro origine;

h) l'esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione di cui all'articolo 22, paragrafi 1 e 4, e, almeno in tali casi, informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l'importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l'interessato.

2. Qualora i dati personali siano trasferiti a un paese terzo o a un'organizzazione internazionale, l'interessato ha il diritto di essere informato dell'esistenza di garanzie adeguate ai sensi dell'articolo 46 relative al trasferimento.

3. Il titolare del trattamento fornisce una copia dei dati personali oggetto di trattamento. In caso di ulteriori copie richieste dall'interessato, il titolare del trattamento può addebitare un contributo spese ragionevole basato sui costi amministrativi. Se l'interessato presenta la richiesta mediante mezzi elettronici, e salvo indicazione diversa dell'interessato, le informazioni sono fornite in un formato elettronico di uso comune.

4. Il diritto di ottenere una copia di cui al paragrafo 3 non deve ledere i diritti e le libertà altrui».

12. Gli articoli 16 e 17 di detto regolamento sanciscono, rispettivamente, il diritto dell'interessato di ottenere la rettifica dei dati personali inesatti (diritto di rettifica), nonché il diritto, in determinate circostanze, alla cancellazione di tali dati (diritto alla cancellazione o «diritto all'oblio»).

13. L'articolo 18 del medesimo regolamento, intitolato «Diritto di limitazione di trattamento», al paragrafo 1 così dispone:

«L'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la limitazione del trattamento quando ricorre una delle seguenti ipotesi:

a) l'interessato contesta l'esattezza dei dati personali, per il periodo necessario al titolare del trattamento per verificare l'esattezza di tali dati personali;

b) il trattamento è illecito e l'interessato si oppone alla cancellazione dei dati personali e chiede invece che ne sia limitato l'utilizzo;

c) benché il titolare del trattamento non ne abbia più bisogno ai fini del trattamento, i dati personali sono necessari all'interessato per l'accertamento, l'esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria;

d) l'interessato si è opposto al trattamento ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 1, in attesa della verifica in merito all'eventuale prevalenza dei motivi legittimi del titolare del trattamento rispetto a quelli dell'interessato».

14. L'articolo 21 del RGPD, intitolato «Diritto di opposizione», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«L'interessato ha il diritto di opporsi in qualsiasi momento, per motivi connessi alla sua situazione particolare, al trattamento dei dati personali che lo riguardano ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettere e) o f), compresa la profilazione sulla base di tali disposizioni. Il titolare del trattamento si astiene dal trattare ulteriormente i dati personali salvo che egli dimostri l'esistenza di motivi legittimi cogenti per procedere al trattamento che prevalgono sugli interessi, sui diritti e sulle libertà dell'interessato oppure per l'accertamento, l'esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria».

15. Ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1, del RGPD:

«Il diritto dell'Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento può limitare, mediante misure legislative, la portata degli obblighi e dei diritti di cui agli articoli da 12 a 22 e 34, nonché all'articolo 5, nella misura in cui le disposizioni ivi contenute corrispondano ai diritti e agli obblighi di cui agli articoli da 12 a 22, qualora tale limitazione rispetti l'essenza dei diritti e delle libertà fondamentali e sia una misura necessaria e proporzionata in una società democratica per salvaguardare:

(...)

i) la tutela dell'interessato o dei diritti e delle libertà altrui;

(...)».

Diritto tedesco

16. Ai sensi dell'articolo 630f del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile; in prosieguo: il «BGB»), il professionista sanitario è obbligato a tenere, a fini di documentazione, una cartella medica in forma cartacea o elettronica, in diretta relazione temporale con il trattamento. Il professionista sanitario è tenuto a registrare nella cartella medica del paziente tutte le misure essenziali dal punto di vista medico per il trattamento in corso e futuro, nonché i relativi risultati, segnatamente, l'anamnesi, le diagnosi, gli esami, i risultati di esami, le conclusioni, le terapie e i loro effetti, gli interventi e i loro effetti, i consensi e le informazioni. Il professionista sanitario deve conservare la documentazione del paziente per dieci anni dopo la conclusione del trattamento, sempre che altre disposizioni non impongano periodi di conservazione diversi.

17. Ai sensi dell'articolo 630g, paragrafo 1, prima frase, del BGB, al paziente deve essere concesso, su richiesta, l'accesso immediato all'intera cartella medica che lo riguarda, purché motivi terapeutici importanti o altri diritti rilevanti di terzi non ostino alla consultazione. Ai sensi dell'articolo 630g, paragrafo 2, prima frase, del BGB, il paziente può anche richiedere copie elettroniche della cartella medica. Tenuto conto della motivazione della legge, ciò deve essere inteso nel senso che il paziente può pretendere a scelta la produzione di copie fisiche o elettroniche. L'articolo 630g, paragrafo 2, seconda frase, del BGB prevede che il paziente debba rimborsare al professionista sanitario i costi sostenuti.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18. DW ha ricevuto cure dentistiche da FT. Sospettando che fossero stati commessi errori durante il trattamento che gli è stato somministrato, DW ha chiesto a FT la consegna, a titolo gratuito, di una prima copia della sua cartella medica. FT ha comunicato a DW che avrebbe risposto favorevolmente alla sua richiesta solo a condizione che si facesse carico delle spese connesse alla fornitura della copia della cartella medica, come previsto dal diritto nazionale.

19. DW ha proposto un ricorso contro FT. In primo grado e in appello è stata accolta la domanda di DW diretta ad ottenere, a titolo gratuito, una prima copia della sua cartella medica. Tali decisioni si basavano su un'interpretazione della normativa nazionale applicabile alla luce dell'articolo 12, paragrafo 5, nonché dell'articolo 15, paragrafi 1 e 3, del RGPD.

20. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), investito di un ricorso per cassazione («Revision») da FT, ritiene che la soluzione della controversia dipenda dall'interpretazione che occorre dare alle disposizioni del RGPD.

21. Il giudice del rinvio rileva che, in forza del diritto nazionale, il paziente può ottenere una copia della sua cartella medica, a condizione di rimborsare al professionista sanitario le spese che ne risultano.

22. Tuttavia, dall'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, in combinato disposto con l'articolo 12, paragrafo 5, prima frase, del RGPD, potrebbe discendere che il titolare del trattamento, nel caso di specie il professionista sanitario, sia tenuto a trasmettere al paziente una prima copia della sua cartella medica a titolo gratuito.

23. In primo luogo, il giudice del rinvio rileva che DW chiede una prima copia della sua cartella medica al fine di far valere la responsabilità di FT. Una siffatta finalità sarebbe estranea a quella di cui al considerando 63 del RGPD, che prevede il diritto di accedere ai dati personali per essere consapevole del trattamento di tali dati e verificarne la liceità. Tuttavia, la formulazione dell'articolo 15 del RGPD non subordinerebbe a siffatti motivi l'esercizio del diritto alla comunicazione. Inoltre, tale disposizione non imporrebbe all'interessato di motivare la sua richiesta di comunicazione.

24. In secondo luogo, il giudice del rinvio sottolinea che l'articolo 23, paragrafo 1, del RGPD consente l'adozione di misure legislative nazionali che limitino la portata degli obblighi e dei diritti di cui agli articoli da 12 a 22 di tale regolamento al fine di garantire uno degli obiettivi previsti da detta disposizione. Nel caso di specie, FT invocherebbe l'obiettivo della tutela dei diritti e delle libertà altrui di cui all'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD e farebbe valere che il regime tariffario di cui all'articolo 630g, paragrafo 2, seconda frase, del BGB sia una misura necessaria e proporzionata al fine di tutelare i legittimi interessi dei professionisti sanitari, che consentirebbe, di norma, di prevenire richieste di copia immotivate da parte dei pazienti interessati.

25. Tuttavia, da un lato, l'articolo 630g, paragrafo 2, seconda frase, del BGB è stato adottato prima dell'entrata in vigore del RGPD.

26. Dall'altro lato, il regime tariffario di cui all'articolo 630g, paragrafo 2, seconda frase, del BGB mira, principalmente, a tutelare gli interessi economici dei professionisti sanitari. Occorrerebbe quindi stabilire se l'interesse di questi ultimi ad essere liberati dai costi e dagli oneri connessi alla consegna delle copie di dati rientri tra i diritti e le libertà altrui ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD. Peraltro, il trasferimento sistematico ai pazienti delle spese connesse alle copie delle loro cartelle mediche potrebbe apparire eccessivo, in quanto non terrebbe conto dell'importo dei costi effettivamente sostenuti né delle circostanze specifiche di ciascuna richiesta.

27. In terzo luogo, nei limiti in cui DW chiede la consegna di una copia di tutta la documentazione medica che lo riguarda, e quindi della sua cartella medica, il giudice del rinvio si interroga sulla portata del diritto di ottenere una copia dei dati personali oggetto di trattamento, quale sancito all'articolo 15, paragrafo 3, del RGPD. A tale riguardo, detto diritto potrebbe essere soddisfatto mediante la comunicazione di una sintesi dei dati trattati dal medico. Tuttavia, emerge che gli obiettivi di trasparenza e di controllo di liceità previsti dal RGPD depongono a favore della comunicazione di una copia di tutti i dati di cui il titolare del trattamento dispone in forma grezza, vale a dire di tutta la documentazione medica riguardante il paziente nei limiti in cui contiene siffatti dati.

28. In tali circostanze, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, in combinato disposto con l'articolo 12, paragrafo 5, del [RGPD], debba essere interpretato nel senso che il titolare del trattamento (nella fattispecie il medico curante) non è tenuto a fornire gratuitamente all'interessato (nella fattispecie il paziente) una prima copia dei dati personali riguardanti quest'ultimo, trattati dal titolare del trattamento, qualora l'interessato non richieda la copia per perseguire le finalità di cui al considerando 63, prima frase, del RGPD, vale a dire per essere consapevole del trattamento e verificarne la liceità, bensì per perseguire una finalità diversa, non legata alla protezione dei dati ma lecita (nella fattispecie, la verifica della sussistenza di diritti in materia di responsabilità del medico).

2) In caso di risposta negativa alla prima questione:

a) Se anche una disposizione nazionale di uno Stato membro adottata prima dell'entrata in vigore del RGPD possa essere considerata come una limitazione del diritto derivante dall'articolo 15, paragrafo 3, prima frase in combinato disposto con l'articolo 12, paragrafo 5, del RGPD, alla messa a disposizione gratuita di una copia dei dati personali trattati dal titolare del trattamento ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD.

b) In caso di risposta affermativa alla seconda questione, sub a), se l'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD debba essere interpretato nel senso che i diritti e le libertà altrui ivi menzionati comprendono anche l'interesse degli stessi allo sgravio dai costi connessi alla fornitura di una copia dei dati ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 3, prima frase del medesimo regolamento e delle altre spese derivanti dalla messa a disposizione della copia.

c) In caso di risposta affermativa alla seconda questione, sub b), se una normativa nazionale che nel rapporto medico-paziente preveda sempre, e indipendentemente dalle circostanze concrete del caso di specie, un diritto al rimborso delle spese da parte del medico nei confronti del paziente in caso di consegna a quest'ultimo di una copia dei dati personali che figurano nella sua cartella medica possa essere considerata una limitazione, ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1, lettera i) del RGPD, degli obblighi e dei diritti derivanti dall'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, in combinato disposto con l'articolo 12, paragrafo 5, del RGPD.

3. In caso di risposta negativa alla prima questione e [di risposta negativa anche alla seconda questione, da a) a c)], se nell'ambito del rapporto medico-paziente il diritto di cui all'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, del RGPD comprenda il diritto alla consegna di copie di tutte le parti della cartella medica contenenti i dati personali del paziente, o se riguardi unicamente la consegna di una copia dei dati personali del paziente in quanto tale, lasciando al medico che tratta i dati la decisione circa le modalità di compilazione di tali dati per il paziente interessato».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

29. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 12, paragrafo 5, e l'articolo 15, paragrafi 1 e 3, del RGPD debbano essere interpretati nel senso che l'obbligo di fornire all'interessato, a titolo gratuito, una prima copia dei suoi dati personali oggetto di trattamento grava sul titolare del trattamento, anche qualora tale richiesta sia motivata da uno scopo estraneo a quelli di cui al considerando 63, prima frase, di tale regolamento.

30. In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, al fine di interpretare una disposizione del diritto dell'Unione occorre tener conto non soltanto della sua formulazione, ma anche del contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [sentenza del 12 gennaio 2023, Österreichische Post (Informazioni relative ai destinatari di dati personali), C-154/21, EU:C:2023:3, punto 29].

31. Per quanto riguarda, in primo luogo, la formulazione delle disposizioni pertinenti, occorre rilevare, da un lato, che l'articolo 12, paragrafo 5, del RGPD stabilisce il principio secondo cui l'esercizio del diritto di accesso dell'interessato ai suoi dati oggetto di trattamento e alle relative informazioni non comporta spese per l'interessato. Inoltre, tale disposizione prevede due motivi per i quali un titolare del trattamento può o addebitare un contributo spese ragionevole tenendo conto dei costi amministrativi o rifiutare di soddisfare una richiesta. Tali motivi riguardano casi di abuso di diritto, in cui le richieste dell'interessato sono «manifestamente infondate» o «eccessive», in particolare a causa del loro carattere ripetitivo.

32. A tale riguardo, il giudice del rinvio ha espressamente rilevato che la richiesta dell'interessato non era abusiva.

33. Dall'altro lato, il diritto di accesso dell'interessato ai suoi dati oggetto di trattamento e alle relative informazioni, che costituisce parte integrante del diritto alla protezione dei dati personali, è garantito all'articolo 15, paragrafo 1, del RGPD. In forza della formulazione di tale disposizione, gli interessati hanno il diritto di accedere ai loro dati personali oggetto di trattamento.

34. Inoltre, dall'articolo 15, paragrafo 3, del RGPD risulta che il titolare del trattamento fornisce una copia dei dati personali oggetto di trattamento e che può addebitare un contributo spese ragionevole in caso di ulteriori copie richieste dall'interessato. A tale riguardo, il paragrafo 4 di tale articolo precisa che il paragrafo 3 del medesimo conferisce un «diritto» a tale interessato. Un siffatto pagamento può quindi essere richiesto dal titolare del trattamento unicamente qualora l'interessato abbia già ricevuto, a titolo gratuito, una prima copia dei suoi dati e ne faccia nuovamente richiesta.

35. Come già dichiarato dalla Corte, dall'analisi testuale dell'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, del RGPD risulta che tale disposizione conferisce all'interessato il diritto di ottenere una riproduzione fedele dei suoi dati personali, intesi in senso ampio, che siano oggetto di operazioni qualificabili come «trattamento effettuato dal titolare di tale trattamento» (sentenza del 4 maggio 2023, Österreichische Datenschutzbehörde e CRIF, C-487/21, EU:C:2023:369, punto 28).

36. Pertanto, da una lettura combinata dell'articolo 12, paragrafo 5, e dell'articolo 15, paragrafi 1 e 3, del RGPD risulta, da un lato, il diritto, per l'interessato, di ottenere una prima copia a titolo gratuito dei suoi dati personali oggetto di trattamento e, dall'altro, la facoltà offerta al titolare del trattamento, a determinate condizioni, di addebitare spese ragionevoli che tengano conto dei costi amministrativi, o di rifiutare di soddisfare una richiesta se quest'ultima è manifestamente infondata o eccessiva.

37. Nel caso di specie, occorre rilevare che un medico che procede alle operazioni di trattamento di cui all'articolo 4, punto 2, del RGPD riguardanti i dati dei suoi pazienti deve essere considerato un «titolare del trattamento», ai sensi dell'articolo 4, punto 7, di tale regolamento, soggetto agli obblighi che detta qualità comporta, in particolare garantendo un accesso ai dati personali su richiesta degli interessati.

38. Si deve necessariamente constatare che né la formulazione dell'articolo 12, paragrafo 5, del RGPD né quella dell'articolo 15, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento subordinano la fornitura, a titolo gratuito, di una prima copia dei dati personali al fatto che i suddetti interessati invochino un motivo diretto a giustificare le loro richieste. Tali disposizioni non offrono pertanto al titolare del trattamento la possibilità di chiedere i motivi della richiesta di accesso presentata dall'interessato.

39. Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto in cui si inseriscono le disposizioni sopra menzionate, occorre sottolineare che l'articolo 12 del RGPD rientra nella sezione 1 del capo III di tale regolamento, vertente segnatamente sul principio di trasparenza, enunciato all'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento.

40. L'articolo 12 del RGPD enuncia quindi obblighi generali incombenti al titolare del trattamento per quanto riguarda la trasparenza delle informazioni e delle comunicazioni, nonché le modalità di esercizio dei diritti dell'interessato.

41. L'articolo 15 del RGPD, che rientra nella sezione 2 del capo III, riguardante l'informazione e l'accesso ai dati personali, completa il quadro di trasparenza del RGPD concedendo all'interessato un diritto di accesso ai suoi dati personali e un diritto di informazione sul trattamento di tali dati.

42. Occorre, inoltre, rilevare che, conformemente al considerando 59 del RGPD «[è] opportuno prevedere modalità volte ad agevolare l'esercizio, da parte dell'interessato, dei diritti di cui al presente regolamento, compresi i meccanismi per richiedere e, se del caso, ottenere gratuitamente, in particolare l'accesso ai dati, la loro rettifica e cancellazione e per esercitare il diritto di opposizione».

43. Dal momento che, come risulta dal punto 38 della presente sentenza, l'interessato non è tenuto a motivare la richiesta di accesso ai dati, la prima frase del considerando 63 non può essere interpretata nel senso che tale richiesta deve essere respinta se con essa si persegue un obiettivo diverso da quello di essere consapevole del trattamento dei dati e di verificarne la liceità. Tale considerando non può infatti restringere la portata dell'articolo 15, paragrafo 3, del RGPD, come ricordato al punto 35 della presente sentenza.

44. A tale riguardo, occorre ricordare che da una giurisprudenza costante risulta che il preambolo di un atto di diritto dell'Unione non ha valore giuridico vincolante e non può essere fatto valere né per derogare alle disposizioni stesse dell'atto interessato né al fine di interpretare tali disposizioni in un senso manifestamente in contrasto con la loro formulazione (sentenza del 13 settembre 2018, Česká pojišťovna, C-287/17, EU:C:2018:707, punto 33).

45. Del resto, il considerando 63 enuncia, ai sensi della sua seconda frase, che il diritto di accedere ai dati personali riconosciuto agli interessati include, per quanto riguarda i dati relativi alla loro salute, «[i] dati relativi [alle loro] cartelle mediche contenenti informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati».

46. In tali circostanze, il diritto di accedere ai dati relativi alla salute garantito dall'articolo 15, paragrafo 1, del RGPD non può essere limitato, mediante un diniego di accesso o l'imposizione del pagamento di un corrispettivo, a uno dei motivi menzionati nella prima frase del considerando 63. Lo stesso vale per il diritto di ottenere una prima copia a titolo gratuito, come previsto all'articolo 12, paragrafo 5, e all'articolo 15, paragrafo 3, di tale regolamento.

47. In terzo luogo, per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dal RGPD, occorre rilevare che tale regolamento ha per finalità, come indicato ai suoi considerando 10 e 11, di assicurare un livello coerente ed elevato di protezione delle persone fisiche all'interno dell'Unione nonché il rafforzamento e la disciplina dettagliata dei diritti degli interessati.

48. È proprio ai fini della realizzazione di tale obiettivo che l'articolo 15, paragrafo 1, garantisce all'interessato un diritto di accedere ai propri dati personali (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2023, Pankki S, C-579/21, EU:C:2023:501, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

49. Pertanto, l'articolo 12, paragrafo 5, e l'articolo 15, paragrafi 1 e 3, del RGPD fanno parte delle disposizioni destinate a garantire tale diritto di accesso nonché la trasparenza delle modalità di trattamento dei dati personali nei confronti dell'interessato [v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2023, Österreichische Post (Informazioni relative ai destinatari di dati personali), C-154/21, EU:C:2023:3, punto 42].

50. Orbene, il principio della gratuità della prima copia dei dati nonché l'assenza di necessità di invocare un motivo specifico che giustifichi la richiesta di accesso contribuiscono necessariamente ad agevolare l'esercizio, da parte dell'interessato, dei diritti conferitigli dal RGPD.

51. Di conseguenza, data l'importanza che il RGPD attribuisce al diritto di accedere ai dati personali oggetto di trattamento, quale garantito all'articolo 15, paragrafo 1, del RGPD per conseguire siffatti obiettivi, l'esercizio di tale diritto non può essere subordinato a condizioni che non siano state espressamente previste dal legislatore dell'Unione, come l'obbligo di invocare uno dei motivi menzionati al considerando 63, prima frase, del RGPD.

52. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 12, paragrafo 5, e l'articolo 15, paragrafi 1 e 3, del RGPD devono essere interpretati nel senso che l'obbligo di fornire all'interessato, a titolo gratuito, una prima copia dei suoi dati personali oggetto di trattamento grava sul titolare del trattamento anche qualora tale richiesta sia motivata da uno scopo estraneo a quelli di cui al considerando 63, prima frase, di detto regolamento.

Sulla seconda questione

53. Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD debba essere interpretato nel senso che esso autorizza una normativa nazionale, adottata prima dell'entrata in vigore di tale regolamento, che, al fine di tutelare gli interessi economici del titolare del trattamento, pone a carico dell'interessato le spese di una prima copia dei suoi dati personali oggetto di tale trattamento.

54. In primo luogo, per quanto riguarda la questione se solo le misure nazionali adottate successivamente all'entrata in vigore del RGPD possano rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 23, paragrafo 1, del RGPD, occorre sottolineare che la formulazione di tale disposizione non contiene alcuna indicazione al riguardo.

55. Infatti, l'articolo 23, paragrafo 1, del RGPD si limita ad indicare che una misura legislativa di uno Stato membro può limitare la portata degli obblighi e dei diritti di cui agli articoli da 12 a 22 di tale regolamento purché tali misure corrispondano ai diritti e agli obblighi previsti da detti articoli e qualora tale limitazione rispetti l'essenza dei diritti e delle libertà fondamentali e sia una misura necessaria e proporzionata per salvaguardare, in particolare, la tutela dei diritti e delle libertà altrui.

56. Di conseguenza, l'articolo 23, paragrafo 1, del RGPD non esclude dal suo ambito di applicazione le misure legislative nazionali adottate prima dell'entrata in vigore del RGPD, purché queste soddisfino le condizioni da esso prescritte.

57. In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se una normativa nazionale che, al fine di tutelare l'interesse economico dei professionisti sanitari, ponga a carico del paziente i costi connessi alla fornitura di una prima copia della cartella medica richiesta da quest'ultimo, rientri nell'ambito di applicazione dell'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD, occorre ricordare, innanzitutto, che, come risulta dai punti 31 e da 33 a 36 della presente sentenza, in forza dell'articolo 12, paragrafo 5, e dell'articolo 15, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento, all'interessato è riconosciuto il diritto di ottenere una prima copia a titolo gratuito dei suoi dati personali oggetto di trattamento.

58. La seconda frase dell'articolo 15, paragrafo 3, del RGPD autorizza, tuttavia, il titolare del trattamento ad addebitare un contributo spese ragionevole basato sui costi amministrativi in caso di ulteriori copie. Peraltro, l'articolo 12, paragrafo 5, del RGPD, letto alla luce dell'articolo 15, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento, consente al titolare del trattamento di tutelarsi dall'abuso del diritto di accesso, richiedendo il pagamento di un contributo spese ragionevole, in caso di richiesta manifestamente infondata o eccessiva.

59. Inoltre, in forza del considerando 4 di tale regolamento, il diritto alla protezione dei dati personali non è una prerogativa assoluta e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. Pertanto, il RGPD rispetta tutti i diritti fondamentali e osserva le libertà e i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali, sanciti dai trattati (sentenza del 24 febbraio 2022, Valsts ieņēmumu dienests (Trattamento di dati personali a fini fiscali), C-175/20, EU:C:2022:124, punto 53).

60. Infatti, l'articolo 15, paragrafo 4, del RGPD prevede che «[i]l diritto di ottenere una copia (...) non deve ledere i diritti e le libertà altrui».

61. Analogamente, l'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD ricorda che una limitazione della portata degli obblighi e dei diritti previsti, in particolare, all'articolo 15 del RGPD è possibile «qualora tale limitazione rispetti l'essenza dei diritti e delle libertà fondamentali e sia una misura necessaria e proporzionata in una società democratica per salvaguardare (...) la tutela (...) dei diritti e delle libertà altrui».

62. Di conseguenza, dai punti da 59 a 61 della presente sentenza risulta che il diritto riconosciuto all'interessato di ottenere una prima copia a titolo gratuito dei suoi dati personali oggetto di trattamento non è assoluto.

63. Infine, solo considerazioni relative, in particolare, alla tutela dei diritti e delle libertà altrui sarebbero idonee a giustificare una limitazione di tale diritto, purché una siffatta limitazione ne rispetti l'essenza e costituisca una misura necessaria e proporzionata al fine di salvaguardare tale tutela, come previsto dall'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD.

64. Orbene, come risulta dalla decisione di rinvio, il regime tariffario previsto all'articolo 630g, paragrafo 2, seconda frase, del BGB consente al professionista sanitario di porre a carico del paziente i costi connessi alla fornitura di una prima copia della sua cartella medica. Il giudice del rinvio sottolinea che tale regime mira, in primo luogo, a tutelare gli interessi economici dei professionisti sanitari, il che dissuaderebbe i pazienti dal formulare inutilmente richieste di copia della loro cartella medica. Pertanto, nei limiti in cui la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale abbia effettivamente l'obiettivo di tutelare gli interessi economici dei professionisti sanitari, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, siffatte considerazioni non possono rientrare tra i «diritti e [le] libertà altrui» di cui all'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD.

65. Infatti, in primo luogo, una siffatta normativa porta a scoraggiare non soltanto le richieste inutili, ma anche le richieste dirette ad ottenere per un motivo legittimo una prima copia, a titolo gratuito, dei dati personali trattati. Di conseguenza, essa viola necessariamente il principio della gratuità della prima copia e rimette quindi in discussione l'effetto utile del diritto di accesso previsto all'articolo 15, paragrafo 1, del RGPD nonché, di conseguenza, la protezione garantita da tale regolamento.

66. In secondo luogo, dalla decisione di rinvio non risulta che gli interessi tutelati dalla normativa nazionale vadano al di là di considerazioni di ordine puramente amministrativo o economico.

67. A tale riguardo, occorre sottolineare che gli interessi economici dei titolari del trattamento sono stati presi in considerazione dal legislatore dell'Unione, ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 5, e dell'articolo 15, paragrafo 3, seconda frase, del RGPD, i quali, come ricordato al punto 58 della presente sentenza, definiscono le circostanze in cui il titolare del trattamento può chiedere il pagamento delle spese connesse alla fornitura di una copia dei dati personali oggetto di trattamento.

68. In tali circostanze, il perseguimento dell'obiettivo connesso alla tutela degli interessi economici dei professionisti sanitari non può giustificare una misura che porti a rimettere in discussione il diritto di ottenere, a titolo gratuito, una prima copia e, in tal modo, l'effetto utile del diritto di accesso dell'interessato ai suoi dati personali oggetto di trattamento.

69. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del RGPD deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale adottata prima dell'entrata in vigore di tale regolamento può rientrare nell'ambito di applicazione di detta disposizione. Tuttavia, una siffatta facoltà non consente di adottare una normativa nazionale che, al fine di tutelare gli interessi economici del titolare del trattamento, ponga a carico dell'interessato le spese di una prima copia dei suoi dati personali oggetto di tale trattamento.

Sulla terza questione

70. Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, del RGPD debba essere interpretato nel senso che, nell'ambito di un rapporto medico/paziente, il diritto di ottenere una copia dei dati personali oggetto di trattamento implica che sia consegnata all'interessato una copia integrale dei documenti contenuti nella sua cartella medica e che contengono i suoi dati personali o soltanto una copia di detti dati in quanto tali.

71. Anzitutto, la Corte ha dichiarato che, in forza della sua formulazione, l'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, del RGPD conferisce all'interessato il diritto di ottenere una riproduzione fedele dei suoi dati personali, intesi in senso ampio, che siano oggetto di operazioni qualificabili come «trattamento» effettuato dal titolare di tale trattamento (sentenza del 4 maggio 2023, Österreichische Datenschutzbehörde e CRIF, C-487/21, EU:C:2023:369, punto 28).

72. Poi, l'articolo 15 del RGPD non può essere interpretato nel senso che sancisce, al paragrafo 3, prima frase, un diritto distinto da quello previsto al paragrafo 1. Peraltro, il termine «copia» si riferisce non già a un documento in quanto tale, bensì ai dati personali che esso contiene e che devono essere completi. La copia deve quindi contenere tutti i dati personali oggetto di trattamento (sentenza del 4 maggio 2023, Österreichische Datenschutzbehörde e CRIF, C-487/21, EU:C:2023:369, punto 32).

73. Infine, per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti all'articolo 15 del RGPD, quest'ultimo ha ad oggetto il rafforzamento e la disciplina dettagliata dei diritti degli interessati. Pertanto, il diritto di accesso previsto a tale disposizione deve consentire all'interessato di verificare che i dati personali che lo riguardano siano corretti e trattati in modo lecito. Peraltro, la copia dei dati personali oggetto di trattamento, che il titolare del trattamento è tenuto a fornire ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, del RGPD, deve presentare tutte le caratteristiche che consentano all'interessato di esercitare effettivamente i suoi diritti a norma di tale regolamento e, pertanto, deve riprodurre integralmente e fedelmente tali dati (sentenza del 4 maggio 2023, Österreichische Datenschutzbehörde e CRIF, C-487/21, EU:C:2023:369, punti 33, 34 e 39).

74. In particolare, per garantire che le informazioni fornite dal titolare del trattamento siano facilmente comprensibili, come richiesto all'articolo 12, paragrafo 1, del RGPD, in combinato disposto con il considerando 58 di tale regolamento, la riproduzione di estratti di documenti o addirittura di documenti interi contenenti, tra l'altro, i dati personali oggetto di trattamento può rivelarsi indispensabile nel caso in cui la contestualizzazione dei dati trattati sia necessaria per garantirne l'intelligibilità (sentenza del 4 maggio 2023, Österreichische Datenschutzbehörde e CRIF, C-487/21, EU:C:2023:369, punto 41).

75. Di conseguenza, il diritto di ottenere dal titolare del trattamento una copia dei dati personali oggetto di trattamento implica che sia consegnata all'interessato una riproduzione fedele e intelligibile dell'insieme di tali dati. Detto diritto presuppone quello di ottenere copia di estratti di documenti o addirittura di documenti interi o, ancora, di estratti di banche dati contenenti, tra l'altro, tali dati, se la fornitura di una siffatta copia è indispensabile per consentire all'interessato di esercitare effettivamente i diritti conferitigli da tale regolamento (sentenza del 4 maggio 2023, Österreichische Datenschutzbehörde e CRIF, C-487/21, EU:C:2023:369, punto 45).

76. Per quanto riguarda le informazioni di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare che il RGPD individua elementi di cui il ricorrente nel procedimento principale dovrebbe poter chiedere una copia. Così, per quanto riguarda i dati personali relativi alla salute, il considerando 63 di tale regolamento specifica che il diritto di accesso degli interessati include «[i] dati relativi [alle loro] cartelle mediche contenenti informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati».

77. A tale riguardo, come rilevato, in sostanza, dall'avvocato generale ai paragrafi da 78 a 80 delle sue conclusioni, è a causa della sensibilità dei dati personali relativi alla salute delle persone fisiche che il legislatore dell'Unione ha così sottolineato l'importanza che l'accesso di queste ultime ai loro dati contenuti nel loro cartella medica avvenga nel modo più completo e preciso possibile, ma anche intelligibile.

78. Orbene, per quanto riguarda risultati di esami, pareri di medici curanti e terapie o interventi praticati ad un paziente, che comprendono, in generale, numerosi dati tecnici, o addirittura immagini, la fornitura di una semplice sintesi o di una compilazione di tali dati da parte del medico, al fine di presentarli in forma sintetica, potrebbe creare il rischio che taluni dati pertinenti siano omessi o riprodotti in modo inesatto o, in ogni caso, che la verifica della loro esattezza e della loro completezza nonché la loro comprensione da parte del paziente ne siano rese più difficili.

79. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, del RGPD deve essere interpretato nel senso che, nell'ambito di un rapporto medico/paziente, il diritto di ottenere una copia dei dati personali oggetto di trattamento implica che sia consegnata all'interessato una riproduzione fedele e intelligibile dell'insieme di tali dati. Tale diritto presuppone quello di ottenere la copia integrale dei documenti contenuti nella sua cartella medica che contengano, tra l'altro, detti dati, qualora la fornitura di una siffatta copia sia necessaria per consentire all'interessato di verificarne l'esattezza e la completezza nonché per garantirne l'intelligibilità. Per quanto riguarda i dati relativi alla salute dell'interessato, tale diritto include in ogni caso quello di ottenere una copia dei dati della sua cartella medica contenente informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati al medesimo.

Sulle spese

80. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1) L'articolo 12, paragrafo 5, e l'articolo 15, paragrafi 1 e 3, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), devono essere interpretati nel senso che l'obbligo di fornire all'interessato, a titolo gratuito, una prima copia dei suoi dati personali oggetto di trattamento grava sul titolare del trattamento anche qualora tale richiesta sia motivata da uno scopo estraneo a quelli di cui al considerando 63, prima frase, di detto regolamento.

2) L'articolo 23, paragrafo 1, lettera i), del regolamento 2016/679 deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale adottata prima dell'entrata in vigore di tale regolamento può rientrare nell'ambito di applicazione di detta disposizione. Tuttavia, una siffatta facoltà non consente di adottare una normativa nazionale che, al fine di tutelare gli interessi economici del titolare del trattamento, ponga a carico dell'interessato le spese di una prima copia dei suoi dati personali oggetto di tale trattamento.

3) L'articolo 15, paragrafo 3, prima frase, del regolamento 2016/679 deve essere interpretato nel senso che, nell'ambito di un rapporto medico/paziente, il diritto di ottenere una copia dei dati personali oggetto di trattamento implica che sia consegnata all'interessato una riproduzione fedele e intelligibile dell'insieme di tali dati. Tale diritto presuppone quello di ottenere la copia integrale dei documenti contenuti nella sua cartella medica che contengano, tra l'altro, detti dati, qualora la fornitura di una siffatta copia sia necessaria per consentire all'interessato di verificarne l'esattezza e la completezza nonché per garantirne l'intelligibilità. Per quanto riguarda i dati relativi alla salute dell'interessato, tale diritto include in ogni caso quello di ottenere una copia dei dati della sua cartella medica contenente informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati al medesimo.


LA PAROLA ALLE SEZIONI UNITE SUL DIRITTO A NON NASCERE SE NON SANI

CORTE DI CASSAZIONE, SS. UU., 22/12/2015 N. 25767

La decisione in epigrafe muove dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dai genitori per conto della figlia minorenne, nata con la sindrome di Down, a cui non sarebbe stato garantito il c.d. diritto a non nascere se non sano a causa della mancata diagnosi della patologia durante la gravidanza e, di conseguenza, la mancata possibilità per la madre di abortire una volta trascorsi novanta giorni dal concepimento.

Le Sezioni Unite, alle quali la causa è stata assegnata a seguito di rimessione effettuata dalla terza sezione civile, hanno dovuto affrontare due problemi: da un lato la possibilità di ammettere la legittimazione ad agire ad un soggetto che, al momento del verificarsi del danno, non esisteva ancora e, dall'altro, la possibilità di riconoscere tutela giuridica al "diritto a non nascere".

Sotto il primo profilo, sulla scorta di quelle norme che riconoscono tutela giuridica al concepito, è stata riconosciuta la legittimazione a proporre domanda risarcitoria anche al soggetto che, al momento della condotta lesiva, non era ancora nato.

Quanto al secondo punto, i Giudici precisano che, poiché nel nostro ordinamento non esiste un diritto alla non vita, appare evidente che la vita di un bambino disabile non possa considerarsi un danno. Il ragionamento delle Sezioni Unite parte dalla considerazione che la presenza o meno di un danno è rilevabile esclusivamente tramite la comparazione di due situazioni soggettive omogenee, quali la qualità della vita prima e dopo l'evento lesivo.

Nel caso di specie, invece, riconoscere il diritto a non nascere significherebbe assumere la non vita come bene della vita tutelato e, quindi, risarcibile in caso di lesione. Il fatto stesso di nascere costituirebbe l'evento lesivo in questione. Tale è, per i Giudici, una contraddizione insuperabile.


20.10.2021 DIRITTO AL RILASCIO DELLE REGISTRAZIONI DELLE TELEFONATE AL 118

20.10.2021 DIRITTO AL RILASCIO DELLE REGISTRAZIONI DELLE TELEFONATE AL 118

Come comportarsi se l'Azienda Sanitaria nega il rilascio dei files audio relativi a un intervento del 118?

Ci si può rivolgere al Giudice, assistiti da un legale, chiedendo l'emissione di un'ingiunzione di consegna: in tal senso si è pronunciato il Tribunale di Torino emettendo il decreto ingiuntivo n. 5285/2020.

La vicenda trae origine dal decesso di una signora che, nonostante i soccorsi prestati dal 118, moriva per arresto cardiaco, verosimilmente determinato da un infarto.

Il vedovo, volendo verificare che alla moglie fosse stata fornita adeguata e tempestiva assistenza, avendo dovuto più volte sollecitare i soccorsi, chiedeva all'Azienda Sanitaria competente di ricevere, oltre alla scheda di intervento del 118 e al tracciato ECG, anche tutti i file audio delle chiamate effettuate al 118 e di quelle tra equipaggio, centrale operativa e/o strutture sanitarie.

L'Azienda Sanitaria, dopo ampia corrispondenza, accettava di fornire unicamente quello della primissima telefonata per richiesta di soccorso, ma non delle successive.

Ritenendo di avere diritto di accedere a tali files, per poter procedere a una valutazione della responsabilità medica, il marito promuoveva quindi procedimento monitorio avanti al Tribunale di Torino chiedendo la consegna di tali files. L'art. 633 del codice di procedura civile prevede, infatti, la possibilità di pronunciare ingiunzione di consegna a favore "di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata", e la giurisprudenza ammette il ricorso a tale procedimento per la consegna anche di files elettronici, considerati quali "cose mobili".

Il diritto del ricorrente era fondato: infatti, l'art. 4 della legge Gelli-Bianco (l. n. 24/2017), rubricato "Trasparenza dei dati", al comma 2, prevede espressamente che: "La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli interessati aventi diritto […] fornisce la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni caso, entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione della suddetta richiesta […]".

Il Tribunale di Torino, verificata la propria competenza e il rapporto di coniugio con la de cuius, accoglieva, quindi, la richiesta, ingiungendo all'Azienda Sanitaria di consegnare sia i files audio, sia il registro delle chiamate di emergenza intercorse per l'intervento di soccorso, con annotazione dell'orario di ciascuna chiamata.


23.2.2021 AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO E VACCINAZIONE COVID PER PERSONE RICOVERATE IN RSA: ISTRUZIONI PRATICHE

In relazione alla campagna vaccinale anti Covid-19 in caso di persona assistita da amministratore di sostegno occorre effettuare una prima distinzione:

  • Se il beneficiario è residente presso una Struttura sanitaria assistita (RSA o CRA)

  • In tutti gli altri casi (su questi torneremo in un successivo articolo).

Per la persona residente in Struttura, il Decreto Legge 1/21 (in vigore dal 06.01.2021) ha introdotto norme speciali e derogatorie per "i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite", al chiaro fine di velocizzare le procedure di vaccinazione e nel contempo far fronte alle necessità delle persone ricoverate ed incapaci di autodeterminarsi.

Più in particolare, l'art. 5 del DL 1/2021 differenzia due ipotesi:

1° caso) qualora la persona ricoverata e 'incapace' sia già assistita da amministratore di sostegno, ovvero abbia nominato un fiduciario. Costoro esprimono il consenso al trattamento sanitario vaccinale secondo quanto già previsto dall'art.3 della Legge n.219 del 2017, cioè tenendo conto delle volontà del beneficiario e a tutela della sua salute psicofisica nel pieno rispetto della sua dignità;

L'amministratore di sostegno presterà il consenso informato scritto:

a) in conformità alla volontà dell'interessato – anticipata o attuale –, o, in difetto, in conformità alla volontà espressa dal coniuge, da persona parte di unione civile o stabilmente convivente o, in difetto, dal parente più prossimo entro il terzo grado e, in ogni caso, dopo avere accertato che il trattamento vaccinale sia idoneo ad assicurare la migliore tutela della salute dell'interessato con certificazione medica pubblica;

b) qualora l'interessato non sia in grado di esprimersi (e non si sia espresso in passato) e non vi siano nemmeno parenti prossimi sopra indicati, l'ADS potrà firmare il consenso dopo avere accertato con certificazione medica pubblica che il trattamento vaccinale è idoneo ad assicurare la migliore tutela della salute dell'interessato.

Si evidenzia come - nell'indicare l'amministratore di sostegno – la norma non faccia alcun riferimento all'oggetto dei suoi poteri, così accomunando sia ADS già con delega sanitaria, sia ADS con soli poteri in ambito patrimoniale.

2° caso) qualora la persona ricoverata e 'incapace' non sia assistita da alcuna delle figure sopra indicate ovvero queste non siano reperibili entro 48 ore, la qualità di amministratore di sostegno – al solo fine della prestazione del consenso al trattamento vaccinale covid-19 – è attribuita ex lege al direttore sanitario o, in difetto, al responsabile medico della residenza sanitaria assistita o dell'analoga struttura comunque denominata, in cui la persona incapace è ricoverata, o in mancanza al Direttore Sanitario della Asl territorialmente competente sulla struttura stessa (o ad un suo delegato), soggetto che assume la funzione di amministratore di sostegno.

Nel caso in cui non si possa verificare la volontà dell'interessato – anticipata o attuale – e in assenza di coniuge, di persona parte di unione civile o stabilmente convivente o di parenti entro il terzo grado, il Direttore Sanitario (o i soggetti sopra indicati) firmerà il consenso informandone immediatamente il Giudice Tutelare e allegando la seguente documentazione:

1. attestazione comprovante le condizioni di incapacità in cui versa la persona ricoverata, tali da renderlo incapace di esprimere la propria volontà in ordine al trattamento vaccinale;

2. se sia già stato nominato un Ads, la sua irreperibilità per 48 ore;

3. in ogni caso la mancanza di parenti dell'interessato con cui condividere la scelta in ordine al trattamento sanitario e la mancanza di dat (disposizioni anticipate di trattamento redatte dal soggetto);

4. in ogni caso, l'idoneità del vaccino COVID-19 ad assicurare la migliore tutela della salute della persona ricoverata, attestata da documentazione medica pubblica.

Il Giudice Tutelare, disposti gli eventuali accertamenti, entro 48 ore convaliderà il consenso espresso o negherà la convalida dandone comunicazione al direttore sanitario della struttura e all'interessato. Qualora non pervenga convalida entro 96 ore, il consenso così espresso acquisita definitiva efficacia e si potrà procedere alla vaccinazione.

N.B. A questo link potete trovare le disposizioni organizzative previste dal Tribunale di Bologna. Invitiamo gli interessati ad informarsi per le modalità operative in vigore presso il Giudice Tutelare di riferimento.

https://www.tribunale.bologna.giustizia.it/documents/642573/6010481/Provv.+3-2021+-+Manifestazione+del+consenso+al+vaccino+anti+covid19+-+individuazione+pec.+pdf.pdf/379bf288-f11e-4bda-9873-3b65b7e19300